La maggior parte delle persone adulte, almeno in occidente, è insoddisfatta di quello che fa nella vita.
Si alza, fa colazione in pochi minuti, e poi via di corsa, a vendere quello che di più prezioso ha, il tempo, per pochi spiccioli – rispetto all’immenso valore di quello che cede – per pagare le bollette, il mutuo, far crescere i figli, concedersi qualche giorno di vacanza.
Badate, la mia non è una critica, è nella natura prendersi cura della propria “tribù”, tuttavia c’è un grande malinteso, o meglio un’ipnosi che ha indotto a credere che l’unico modo per farlo si chiami LAVORO.
Il termine LAVORO, etimologicamente deriva da labor, ossia faticare, già questo, ricordando che ogni parola è una vibrazione che produce un certo tipo di realtà, racconta che il lavoro è qualcosa che non riguarda l’INDIVIDUO che nasce libero di esprimere attraverso i suoi talenti la sua unicità, ma riguarda piuttosto un soggetto in stato di schiavitù, qualcuno “costretto” – poi vedremo il perché delle virgolette – alla fatica per la “sopravvivenza” – anche questo temine ha un significato ben preciso che vedremo.
Chi come me ha intorno ai cinquant’anni, ha avuto l’influsso, poco o tanto, di quella forma pensiero nata nel dopo guerra, quella del posto fisso, della ricerca della sicurezza, quella che dai 15 anni di lavoro, al tempo delle baby pensioni, fino ad arrivare alle attuali, che prevedono 41 anni della propria vita e del proprio TEMPO, il bene più prezioso, in cambio della fatica, ma soprattutto della rinuncia – nella maggior parte dei casi – della propria autentica REALIZZAZIONE.
Il termine realizzazione indica infatti indica il rendere reale, il tradurre in realtà, che cosa? Qualunque cosa dia gusto, sostanza, senso di pienezza, apertura e gioia alla propria esistenza, in senso superiore, non edonistico. Partorire la propria unicità, condividerla con il mondo, e come effetto collaterale vivere di quello, raccogliendo i frutti della semina dei propri talenti.
Ma come si fa ad intercettare cosa piace e da gusto nella vita se si è estranei a se stessi?
Come si fa se la maggior parte del tempo e da quando si è bambini viene spesa a far qualcosa PER FORZA e contro voglia?
Come si fa se è la dinamica della sopravvivenza (la dinamica di sopravvivenza è una risposta automatica interiore e non c’entra nulla con le paure contingenti, ma ha a che fare con veri e propri “programmi” che si attivano perché sono sapientemente innestati dai sistemi dis-educativi e trasferiti di generazione in generazione) e non quella dell’espansione e della passione a guidare i pochi decenni che si trascorrono in questo mondo?
Alla fine, per tante persone, piuttosto che ammettere che fanno una vita di m…a è meglio fare finta, raccontare a se stesse che va bene, che sono felici… si certo, per questo negli ultimi decenni l’uso di psicofarmaci è aumentato a dismisura, e le persone restano in stato ipnotico davanti al telefono o alla a tv a pagamento per ore. Alla fine si sono semplicemente arrese, preferendo vivere la vita di una serie tv piuttosto che quella vera.
Lo so che questa prima parte di articolo è pesante e un tantino cruda, però è quello che accade, e se tocca qualcosa leggendola, se far star male è perché qualche corda è stata mossa, perché la VITA dentro prova a dare il suo richiamo, prova a sollecitare affinché le si dia nuovamente spazio.
Ricordo bene la mia situazione precedente – un altra vita in questa Vita – quando svolgevo un lavoro più che dignitoso, in un ambiente dove ero ben voluta, ma dove mi sentivo terribilmente infelice, dove tutte le mattine, mentre percorrevo la strada in macchina da casa alla clinica in cui lavoravo, mi chiedevo per quanto tempo avrei seguitato a trovare una scusa per rimandare la scelta di andarmene. La mente trovava sempre una ragione valida per non farlo, e da quello spazio di pensiero la vita mi metteva effettivamente davanti un ostacolo dietro l’altro. Finché un giorno è stata la sollecitudine del corpo a parlare, le emozioni completamente fuori controllo, a quel punto un messaggio forte e chiaro, impossibile da ignorare, mi ha imposto una scelta che ho vissuto con una contemporaneità di emozioni, dove il senso di liberazione era sovrapposto al terrore di lasciare un mondo che non mi corrispondeva, ma era certo, prevedibile egarantiva alla mia mente la sopravvivenza (soprattutto della sofferenza e del biasimo), un mondo nel quale mi riconoscevo in qualcuno, per muovermi invece a realizzare quel “qualcosa” che mi chiamava da anni ma che era assolutamente indefinito, tutto da costruire, e senza il libretto di istruzioni. Mi sentivo come dentro un caos ordinato, nel quale intuivo dovesse esserci un senso che ancora non riuscivo a decodificare.
Ad oggi posso dire che benedico quel periodo della mia vita, anche se è stato davvero impegnativo.
E se avessi scelto prima?
E se non avessi atteso di arrivare al lumicino?
Probabilmente avrei sofferto di meno, è stata la resistenza al cambiamento a portare tutta quella valanga di sofferenza, tuttavia, quell’esperienza è oggi un bagaglio di inestimabile valore quando sostengo chi vive situazioni esistenziali di blocco, resistenza o mancanza di realizzazione.
Nulla arriva mai per caso. Posso chiamare quel periodo a tutti gli effetti come una prova iniziatica.
Stiamo attraversando un periodo storico, un anno storico – scrivo in aprile del 2023 – che è uno spartiacque, un periodo che porterà verso la fine di un’epoca, nella quale il lavoro è destinato progressivamente a scomparire.
Non lo dico con leggerezza e nemmeno senza cognizione di causa, ma con la coscienza che il progresso nell’automazione e l’ingresso dell’intelligenza artificiale, porteranno radicali cambiamenti.
Quando sento qualcuno difendere a spada tratta il lavoro per come lo conosciamo ora: ripetitivo, privo di creatività e auto-sviluppo, mi accorgo che si sta cercando di difendere quello che io a suo tempo ho difeso: la paura di un vuoto e di una sensazione di caos creativo, caos che contiene un suo ordine implicito che però è inafferrabile per la mente, caos che richiede solamente un progressivo ritorno alla fiducia nella Vita nelle sue infinite espressioni. Mi viene da paragonare in modo allegorico – ma neanche più di tanto – questa forma di difesa come una sorta di Sindrome di Stoccolma, dove ci si affeziona a ciò che è causa della propria sofferenza, con un atto di piena sottomissione.
Elio D’Anna, filosofo, ricercatore, imprenditore di successo, fondatore della European School of Economics esplicita che ci dobbiamo preparare ad un futuro che lui definisce di OZIO CREATIVO, nel quale il tempo potrà essere usato per esprimere i talenti e realizzare lo scopo del nostro essere qui. Altro che lavori che possono fare tranquillamente le macchine al posto nostro.
Ma il processo che porterà a quello sarà un processo nel quale si è progressivamente chiamati, e sempre con maggiore insistenza, a muoversi da lavori che spariscono velocemente, sostituiti da automazioni, e che lasceranno dei vuoti esistenziali nelle persone che non hanno speso le loro energie per contattare e realizzare il loro vero scopo di vita, vivendo gioiosamente e con intensità, sazi, e non stanchi o piegati.
Nel mondo attuale è considerato di successo chi ha fatto i soldi, ma questi ultimi non possono essere il motivo del successo di un individuo, o l’obiettivo a cui tendere per essere felici, ma piuttosto un effetto collaterale del suo realizzare se stesso mediante il suo fare, fare che deriva dal contatto con il proprio “Essere” che è stato riportato alla luce, e che ritorna come l’Auriga delle esistenze e non più un passeggero passivo o dormiente.
Risvegliare l’Essere dentro ognuno equivale a ricominciare a sentire il fluire della Vita che scorre nelle arterie del corpo, dove il sangue pulito porta tutta la linfa vitale e l’ossigeno che nutre ogni singola cellula dell’organismo per mantenerlo in vita. Senza di lui la Vita muore, e quando si è morti da vivi si soffre molto, coscienti o no.
Ne parlano i sintomi del corpo, le emozioni ingovernabili, i pensieri distruttivi, la mancanza di passioni, le notti in cui ci si gira nel letto come una cotoletta alla milanese senza trovare pace.
La Vita vuole Vita.
La domanda che è ovvia e che nasce spontaneamente è: ma come si fa?
Come si può uscire dalla ruota del criceto nella quale ci si sente senza possibilità, imprigionati dentro a ruoli e situazioni nelle quali ci si vede senza via d’uscita?
La mia esperinza mi ha insegnato che la via d’uscita va costruita passo passo, e dopo quanto ho sperimentato ho compreso che vi sono dei capisaldi che possono davvero aiutare:
- Incominciare a prestare ATTENZIONE al momento presente con tutte le sensazioni che emergono, s nel corpo, nell’apparato emotivo, nella sfera del pensiero. Significa sviluppare un TESTIMONE che osserva, che non giudica, che è neutrale. Tutte le antiche tradizioni lo insegnano.
- La legge di Attrazione o Risonanza, afferma che il simile attrae il simile, ed è davvero così, pertanto pertanto, poco alla volta, vanno nutriti consapevolmente pensieri che possano spostare progressivamente da dove ci si trova (non è il classico pensiero positivo che è un’altra cosa), in modo da risalire gradino dopo gradino la scala emotiva. Va tenuto presente che quando le vibrazioni emesse sono basse, vi sono “esseri” che di quelle energie si nutrono, e che vanno a generare dei circuiti che si alimentano in continuazione. Vanno depotenziati.
- Porre attenzione a quello che si dice, poiché con la parola si crea, sempre. Faccio un esempio semplice: dire NON voglio soffrire equivale a creare sofferenza, in quanto l’Universo è assertivo, oppure, ormai non ho nessuna speranza, diventa una profezia autoavverante. Ci si potrebbe riempire un’enciclopedia di queste frasi…
- Farsi dare eventualmente la mano da un professionista, quello da cui ci si sente più attratti, spostare l’energia e diventare coscienti di cosa si emana porta una grande differenza e trasformazione nell’esperienza esistenziale. La consapevolezza e il riequilibrio energetico fanno una grande differenza. Esistono tanti percorsi possibili per la conoscenza di sé e il risveglio dei propri talenti.
La mia esperienza personale, e il percorso evolutivo connesso ad essa, mi hanno condotta fino a qui, a scrivere un articolo che non avrei mai pensato di scrivere, con il profondo intento di portare chi legge a riflettere sul fatto che la Vita è un bene così grande che non può essere svenduta ad altri, cedendo il proprio Tempo in cambio di briciole vuote di senso.
I tempi si fanno densi, buttano giù tutte le strutture ormai vecchie, sia interiori che esteriori, spingono ad uscire dalla dinamica della sopravvivenza per abbracciare il proprio potere personale, creativo, a ritornare a ritornare alla fiducia e all’intuito per costruire nuove e più soddisfacenti esperienze esistenziali.
Che dire, mi sento nella gioia di accompagnare attraverso percorsi individuali e di gruppo chi ha voglia di rimettersi in gioco nella vita. Realizzarsi aiutando altri a fare altrettanto è un dono che benedico; aiutarli a trasformare alchemicamente quella sofferenza in fuoco che arde e che scalda il cuore è una grande ricompensa.
Sono tempi straordinari questi, sento che l’Anima vola laddove la personalità osserva senza comprendere. E niente, va fatto un po’ come quando ci si deve tuffare da un trampolino alto, un bel respiro e Via!
Con amore
Valeria
Per informazioni, consulenze, percorsi puoi scrivere a info@valeria-milan-it – contattarmi telefonicamente o visitare il sito dove puoi trovare informazioni più dettagliate sulle mie attività.
Mi chiamo Valeria e mi occupo di relazione d’aiuto per mezzo di quella che io amo chiamare Scienza dello Spirito.
Ti prendo per mano e ti aiuto ad attraversare i tuoi “imbuti esistenziali”, quei momenti in cui ti sembra di non avere più risorse o risposte, con modalità integrate che ti permettono di attraversarli e guadagnare una visione ed esperienza di vita più in sintonia con l’anima.
Operatrice in Discipline per il Risveglio Interiore – Counselor olistico Integrale con orientamento alchemico – esoterico – Insegnante Mindfulness Educators International & meditazione – Rebirther- Operatrice Biorisonanza quantistica e Matrix Drops Computer – Pratiche sciamaniche
(professionista disciplinata ai sensi della legge 4/2013)